In occasione della pubblicazione dell'ebook, posto la prima parte.
Il 10% dell'ebook sarà visibile entro pochi giorni su tutte le librerie on line
Prima parte
Il 10% dell'ebook sarà visibile entro pochi giorni su tutte le librerie on line
Prima parte
Pronti?
Via! Ma…siete davvero pronti?
Oggi
ho iniziato le riprese per il video promozionale di “Seconda Giovinezza”. E’ un
progetto sociale immenso, un progetto da svariati milioni di euro, volto a
superare le barriere tra gli “oversixty” e i giovani. Un’idea che ho rubato a
mio padre, ho ampliato e, spero, che qualcuno realizzerà. Insomma, non ho
problemi a parlare in pubblico, a presentare progetti ma, soprattutto, a
continuare a studiare.
Il
dodici novembre 2015 ho conseguito la laurea in ingegneria industriale,
indirizzo energetico e nucleare, dopo esattamente tre anni e tre mesi dal primo
esame. La laurea (triennale, che molti chiamano mini-laurea e che, all’estero,
è Bachelor Degree) mi ha dato alla testa: mi ha inculcato la convinzione che,
allora anche io posso studiare! Non ci credo! Sono stato una frana a scuola! Un
disastro alle superiori! Ho accumulato assenze per 6 giorni alla settimana!
Come faccio adesso ad essere iscritto alla magistrale, a seguire un corso di
fluent english, a frequentare lezioni per la qualifica di project manager?
Insomma,
come ho fatto io a iscrivermi all’università, sostenere quasi trenta esami in
tre anni, conseguire la media del 28 a ingegneria? Non è così semplice, ma se
voi aveste la pazienza di seguirmi, io avrei l’umiltà di spiegarvi come ho
fatto.
Allora,
siete ancora a leggere, quindi avete deciso di seguirmi. Torno alla prima
frase: siete pronti? Avete presente il corridore in posizione, sulla linea
dello starter? Vi sentite così? Lasciate perdere, qui si va piano. Io no, non
sono mai stato pronto. Parlo della scuola. Parlo dei compiti in classe, o delle
interrogazioni. La scuola è stata sempre, per me, un problema. La sera prima,
poi, lo stomaco si stringeva e la tensione era una vera e propria sofferenza.
Non
sono mai stato bravo a scuola, tranne un po’ alle elementari. Ero molto timido,
o come si dice oggi “fa fatica a socializzare”. Io, in realtà, sarei voluto
tornare da dove ero venuto: dalla campagna di mia nonna con i miei amici.
La
nostra maestra era di stampo classico-cattolico: tre preghiere all’ingresso,
tre preghiere all’uscita, in piedi, davanti al crocifisso. In prima ero il
secondo più bravo”, poi la madre del primo della classe lo trasferì. Ricordo
perfettamente quel giorno: le tapparelle socchiuse, il sole che faceva capolino
dalla finestra, eravamo ad aprile-maggio: sentii la signora, moglie di un
famoso ingegnere civile, pronunciare questa frase:
“E’
una maestra troppo buona, rovinerà mio figlio se non lo porto via da qui”.
Ovviamente, aveva ragione.
Nessuna
buona notizia è così benevola e nessuna cattiva notizia lo è in pieno: nei
quattro anni successivi, fui io il primo, almeno tra i maschi. La maestra si
comportava quasi da mamma ed era un piacere tornare a casa, studiare 12-13
minuti e avere il pomeriggio libero…per guardare la televisione o andare
(raramente) a pattinare. Vedete, il fatto era che, a causa della scuola, i miei
nonni non mi portarono più in campagna. E fu un peccato: loro avevano tutti gli
animali da cortile possibile e coltivavano un albero da frutto di ogni tipo. Un
paradiso, per un bimbo di 4-5 anni.
Odiavo
la scuola, e soprattutto odiavo alzarmi la mattina. Ricordo perfettamente la
fatica nell’aprire gli occhi, con quella luce (una normale lampadina)
accecante.
Penso
a quelle mattine e mi viene in mente ancora il dodici novembre 2015: sveglio,
pronto, vestito, profumato, deciso: stavo andando alla discussione della mia
tesi
Come
ho scritto, le elementari furono una passeggiata. Non perché fossi
particolarmente bravo, anzi: spesso ritardavo nelle risposte alle domande e per
imparare una poesia c’impiegavo l’impossibile. Poi notai una cosa: se le
studiavo qualche giorno prima, era più facile ricordarle. Così iniziai a
studiarle appena assegnate. Ma servì a poco, la mia maestra sapeva che ero un
bravo ragazzo (al limite della bravura, probabilmente ben oltre il confine con
la fessaggine) e mi segnava sempre dieci.
Il
problema arrivò all’esame finale: fui interrogato da una maestra esterna e la
pagellina riportò un misero “buono”. Pazienza, non capisce niente quella: 5
anni da primo o quasi primo sono comunque un successo.
Fu
così che iniziarono le scuole medie. Analizzerò in dettaglio i periodi migliori
e i peggiori più avanti, perché li ricordo benissimo e ci sono fatti che mi
avrebbero permesso di evitare parecchi errori. Ognuno di noi ha avvisagli,
consigli, anticipi di quella che sarà la vita. Il problema è che non vogliamo
sentire. Siamo sordi. Soprattutto quando non abbiamo abbastanza fiducia in noi.
Semplice
questa frase, al limite della banalità. La fiducia in sé stessi, la tanto
agognata “autostima” è un po’ come l’uomo nero. Esiste o non esiste, ce l’hai o
ce l’avrai, l’avevo ed è sfuggita, non l’ho mai avuta ma arriverà da grande.
Balle, per no scrivere altro. La stessa ansia, le stesse paure trovano
fondamento dalla poca o nulla autostima. Non sono bravo, non riesco a studiare,
non ricordo, non “è portato” per questa o quella materia. La famiglia, le
maestre, i professori, partecipano attivamente alla formazione della
consapevolezza di sé stessi e di quello che possiamo essere nel mondo. Sono
estremamente convinto che il bilancio delle proprie capacità sia ben più
difficile da stilare di quello di una grande ditta.
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